Li abbiamo dimenticati durante la pandemia, non ce ne interessiamo se non attraverso i fatti di cronaca che li vede aggressivi, violenti, raggruppati in gang, fragili, facili prede di ciò che appare ma non è.
Li curiamo quando già stanno così male da riempire i pronto soccorsi e i reparti di neuropsichiatria. Li vogliamo vincenti a scuola, sempre in gara con tutti gli altri, ma mai in competizione con i loro limiti.
Nutriamo la loro immaginazione con sogni iper-ideali in cui diventare vere STAR. Gli facciamo credere che ci sia un mondo che gira attorno a loro e li abituiamo alla comodità, rendendoli passivi, impreparati e fragili. Li educhiamo a sentimenti detti e mai sentiti davvero, che durano il tempo di una storia su Instagram.
Li curiamo, ma non ce ne prendiamo davvero cura prima che si ammalino. Malati di paura di vivere, di delusioni, di inutilità’, di noia, di apparenza e di vuoto.
Esposti a esperienze ideali, surreali, perfette, senza un sopracciglio in disordine, con la nuance del rossetto in tinta con l’unghia del mignolo e la maglietta firmata da esporre come codice identitario. Li vogliamo ordinati, ben vestiti, belli e in ambienti creati su misura per questo apparire, sfilare, avvicinarsi con misura, mostrarsi senza mai farsi vedere.
Tutto comodo e a pagamento: il locale, il party, il taxi. Non lasciamo loro il tempo di capire cosa voglia dire essere autentici, li soddisfiamo prima ancora che conoscano o esprimano dei desideri.
Non li autorizziamo ad essere unici, li obblighiamo ad apparire perfetti. E loro cercano in tutti i modi l’immagine perfetta che gli corrisponda, che dica chi dovrebbero essere, sacrificando chi sono davvero. Non li vediamo, non li conosciamo, appaiono senza essere veramente visti. La loro più grande sofferenza.
Li abbiamo forse estromessi dal reale e rinchiusi nell’ideale online dove il corpo non esiste? E quando esiste è mostrato impeccabile, affascinante, seducente. Nel frattempo salta la connessione fra interiorità ed esteriorità e l’identità stenta a costruirsi tra frammentari e contradditori riconoscimenti, like, follower.
Eppure è proprio l’identità che consente il poter scegliere. È’ la pelle che gli manca e che devono costruire, quello strato sottile che crea la barriera essenziale tra sé’ e il tutto.
La pelle, quel confine delicato ma vincolante per poter dire chi sono, scelgo, mi differenzio, mi riconosco, mi identifico e definisco chi non sono.
L’identità la costruiscono (e viene costruita da tutti noi) attraverso le esperienze, lo stare, l’esserci, attraverso il nutrimento dei loro bisogni, del riconoscersi nelle relazioni affettive, nell’abitare luoghi e spazi dedicati, attraverso l’essere visti.
L’adolescenza è la fase di vita sperimentata principalmente fuori casa. I luoghi per i giovani però sono a pagamento: un bar, un locale, una discoteca. Se escono di casa sono target da profitto: outfit firmati, locali, consumo…
Quando ragazze e ragazzi sono in giro, senza essere usati come preziosi acquirenti, sono senza luogo, senza meta, invisibili. Quali spazi sappiamo dedicare ai loro bisogni di appartenenza, accoglienza, presenza, solidarietà, riconoscimento?
Non li vogliamo online eppure non consentiamo stiano davvero nel mondo, per loro non c’è posto. Ieri mattina una signora si lamentava che in un’area cani, alcuni ragazzi si fossero seduti sulle panchine senza avere un cane… che fastidio potevano darle? Ci sono i giochi dei bimbi, la bocciofila dei nonni, le aree cani… e per i giovani? Dove sono i loro luoghi di ritrovo? Gli adolescenti non sono visti e non c’è posto adeguato alle loro necessità.
Abitano spazi al buio, nascosti, sulle panchine dei parchi anche in inverno, quando trovano posto libero perché adulti e bambini sono a casa e non hanno altri bisogni da soddisfare.
Loro invece sono fuori casa e hanno bisogni essenziali: di stare, esserci, fare esperienza, nutrirsi dello scoprire se stessi in relazione al mondo, rassicurarsi su chi sono, cosa vogliono, come sono forti e fragili, vuoti e pieni, belli e brutti e che tutto va bene proprio così com’è.
PERCHE’ IN CIASCUNO CIO’ CHE VALE C’E’, SENZA DOVERLO DIMOSTRARE. MA VA SCOPERTO, CONOSCIUTO, AMATO E VISSUTO.
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