Spesso nel ruolo di insegnanti, tra le diverse attività da svolgere con gli studenti, è prevista l’attribuzione dei voti. Spesso c’è una scelta da fare tra un criterio di uguaglianza e un criterio di equità, cioè un criterio uguale per tutti e un criterio individualizzato che consideri fatiche, ostacoli e obiettivi personali, diversi per ciascuno.
Entrambi i criteri sono possibili, ma nonostante ci sia un voto che possa rappresentare obiettivamente la preparazione di quello studente, in quel momento, in merito a quel particolare argomento, il criterio di uguaglianza che terrebbe in considerazione una scala di valutazione unica, contrasta con il criterio di equità.
Quando si parla di inclusione credo ci si riferisca proprio a questo: come dare a ciascuno quello di cui ha realmente bisogno? Come consentire che ciascuno riesca ad attivare davvero le proprie risorse personali e ad apprendere? Credo serva darsi la possibilità di una riflessione in merito ai voti, al loro valore oggettivo, ma anche al valore simbolico e motivazionale che incide in profondità negli studenti.
Un voto cambia di significato in base a chi lo riceve, non ha il medesimo peso, non produce lo stesso impatto, non rappresenta solamente la performance, ma è carico dell’impegno, della fatica, degli ostacoli, del percorso che quel particolare studente affronta per arrivare ad ottenere quel risultato.
Ciascuno ha i propri traguardi da raggiungere, curve e ostacoli, capacità e limiti. Non partiamo tutti dalla stessa linea di partenza perché non stiamo svolgendo la stessa gara.
Per questo c’è una responsabilità molto grande nell’assegnazione del voto e serve considerarla. I ragazzi ce lo insegnano, raccontano di quanto siano stati incisivi alcuni voti, esperienze che segnano, passaggi che strutturano.
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